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LEPTOSPIROSI: UN PERICOLO SEMPRE IN AGGUATO

Set 25, 2019 | LEAL informa, Vivere eticamente, Vivisezione

Articolo di Piero M. Bianchi, medico veterinario, estratto dall’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 114-115 estate-autunno 2019 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Giovanna Tarquinio, Mirta Bajamonte, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, Giovanna Rossi, Silvia Premoli. Buona lettura.
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Piero M. Bianchi, medico veterinario
Clinica Sempione Milano, 02 33605150
Dr. Bianchi e Dr. Dominione

LEPTOSPIROSI: UN PERICOLO SEMPRE IN AGGUATO
Tra le malattie infettive che possono colpire i nostri amici a quattro zampe, un ruolo di primaria importanza è rivestito dalla leptospirosi, un’affezione che – oltre il cane – interessa gli Ungulati e i Mustelidi selvatici, gli Equini, i Bovini, gli Ovini, i Caprini, i Suini e l’uomo. Il responsabile dell’infezione è un batterio appartenente al genere Leptospira, così chiamato (dal greco antico leptos che sta per “sottile” e speira il cui significato è “spirale”) per la sua forma allungata e a elica, facilmente riconoscibile al microscopio. A esso, identificato dagli scienziati per la prima volta più di un secolo fa, fanno capo innumerevoli specie presenti un po’ in tutto il pianeta: in questo cospicuo gruppo zoologico ne sono state infatti classificate ben duecento che risultano essere patogene.

Alla loro diffusione ubiquitaria hanno contribuito le modificazione climatiche che hanno interessato da una cinquantina d’anni la terra e i cambiamenti dello stile di vita degli uomini e degli animali selvatici e domestici. Tali microrganismi sono dotati di una scarsa sopravvivenza nell’ambiente esterno e vivono più facilmente soprattutto nelle acque stagnanti, nei terreni umidi e nell’apparato escretore di topi e ratti, che li eliminano con l’urina, favorendo così la contaminazione dell’ambiente circostante. A questo proposito è importante sottolineare che, sulla base delle indagini epidemiologiche condotte, non è escluso che possano essere coinvolti altri Roditori (che fungono così da portatori/eliminatori sani), quali per esempio scoiattoli e nutrie: a tutt’oggi, però, non sono state ancora documentate certezze in tal senso.
Che cosa succede nell’organismo del cane
Il cane, considerato uno degli animali maggiormente sensibili all’azione delle Leptospire, può ammalarsi ingerendo non solo urina e tessuti infetti, ma anche acqua o terreno contaminato. Da non dimenticare, però, anche il contagio attraverso le vie respiratoria e cutanea. Possono essere colpiti soggetti di qualunque razza, sesso o età. Tra i principali fattori di rischio vanno ricordati la stagionalità (le punte maggiori si registrano tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno), la frequentazione di aree verdi e zone rurali, l’abitudine a passeggiare e gironzolare nei luoghi infestati da topi e ratti, l’attività venatoria. Dopo la loro penetrazione nell’organismo dei nostri beniamini con la coda, le Leptospire si moltiplicano rapidamente e si diffondono, grazie alla circolazione del sangue, a differenti organi bersaglio, tra i quali i più importanti sono i reni, il fegato, i polmoni, gli occhi, l’apparato digerente, gli organi riproduttori e il sistema nervoso. Qui hanno luogo replicazioni successive, che contribuiscono a peggiorare la situazione generale. I vasi sanguigni, inoltre, diventano più fragili e questa condizione può predisporre all’insorgenza di emorragie in diversi distretti corporei.
Come riconoscerla e curarla
Il primo sintomo a comparire è la febbre: l’animale colpito è svogliato, non mangia, non mostra interesse per ciò che lo circonda e la sua temperatura rettale (di norma compresa tra i 38 e i 39 gradi centigradi) sale in maniera incontrollata, spesso fino a raggiungere e superare il valore di 40. In questa fase i globuli bianchi (misurabili con l’esame emocromocitometrico) aumentano e possono comparire segni clinici quali vomito, diarrea, disidratazione, tosse, difficoltà respiratorie, anemia (contraddistinta da pallore della lingua e delle mucose congiuntivali degli occhi e della bocca), dolori alle zampe (zoppicature e alterazioni locomotorie), disturbi oculari, fino ad arrivare a tremori, forme di paralisi e perfino crisi convulsive. L’urina può diventare molto scura e le analisi del sangue mettono non di rado in luce un coinvolgimento delle funzioni epatiche e renali, caratterizzato da aumento di sete, moltiplicazione degli episodi di vomito e sempre più marcato malessere generalizzato.
Poiché si tratta di un’infezione batterica, la leptospirosi è teoricamente curabile con un’adeguata terapia antibiotica. In realtà, però, la diagnosi è troppo spesso tardiva e i farmaci utilizzati si rivelano raramente efficaci nello sconfiggere la malattia. Oltre agli antibiotici (in linea di principio le Leptospire sono sensibili a molte delle molecole facenti parte di questa categoria), è importante la somministrazione di altri preparati atti a sostenere le funzioni deficitarie dell’organismo canino: l’inoculazione di soluzioni saline serve per reidratare l’animale colpito e ristabilire il corretto equilibrio idrico-salino, gli anti-emetici e i gastroprotettori attenuano la nausea e il vomito, i nefroprotettori e gli epatoprotettori favoriscono l’attività di reni e fegato, i ricostituenti aiutano il cane a riprendersi più rapidamente dal decadimento generale che interessa il suo organismo.
La prevenzione è fondamentale
Per combattere adeguatamente la leptospirosi canina è indispensabile vaccinare in maniera sistematica e regolare i nostri amici a quattro zampe. Fino a qualche anno fa si impiegava un vaccino bivalente (attivo contro la Leptospira canicola e la Leptospira icterohaemorragiae) che, da inoculare ogni sei mesi circa, garantiva a tutti i soggetti trattati una buona protezione immunitaria. Recentemente, però, i ricercatori hanno messo a punto un nuovo preparato tetravalente (efficace anche contro la Leptospira grippotyphosa e la Leptospira australis), i cui vantaggi sono rappresentati non solo dal più ampio spettro d’azione (quattro sierogruppi anziché due), ma anche dalla durata più lunga (dodici mesi contro sei). Questo innovativo vaccino, disponibile anche nel nostro Paese, deve – se somministrato per la prima volta – essere richiamato dopo tre/quattro settimane e successivamente ripetuto una volta all’anno per tutta la durata della vita. Nei cuccioli è preferibile iniziare il ciclo vaccinale intorno ai tre mesi di vita.
In linea di principio è raccomandabile vaccinare tutti i cani, indipendentemente dalle loro abitudini di vita. Per l’esecuzione della vaccinazione occorre rivolgersi al proprio medico veterinario di fiducia che, dopo avere visitato l’animale e riscontrato la sua buona salute, inoculerà il prodotto e ne comproverà l’avvenuta esecuzione apponendo la sua firma e il suo timbro all’interno del libretto delle vaccinazioni.
Il prodotto in questione non ha alcun effetto secondario, in quanto formulato utilizzando i microrganismi infettanti uccisi, dopo averli privati in laboratorio del loro potere patogeno: può essere pertanto utilizzato senza alcun problema in animali giovani, adulti e anziani.

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