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Danilo Mainardi: Nella mente degli animali

Giu 13, 2017 | Argomenti, LEAL informa, Letture | 2 commenti

Da “La Voce dei Senza Voce” n. 106, → sfoglia il numero online.
Recensione di Peppo Delconte.
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Danilo Mainardi
Nella mente degli animali
Prefazione Piero Angela
Cairo Editore
pp. 256, € 16,00
Isbn 9788860520425

Lo scorso 8 marzo è scomparso Danilo Mainardi, il più grande zoologo-etologo italiano. Il miglior modo per ricordarlo è riprendere in mano le sue opere, soprattutto quelle che destinava a un pubblico di non specialisti, dimostrando tutto il suo talento di divulgatore scientifico. A questo proposito ci sembra giusto ricordare che fra le sue ultime fatiche a carattere divulgativo ci sono almeno 2 libri, di facile e piacevole lettura, che affrontano un tema di crescente attualità: lo sviluppo dell’etologia cognitiva, cioè quella disciplina che si dedica allo studio del comportamento e dell’intelligenza di animali non umani. Si tratta di “Nella mente degli animali” e “L’intelligenza degli animali” (Cairo Editore). Mainardi sostiene che grazie a questa recente disciplina è finalmente caduto un tabù: “parole come pensiero, intelligenza, cultura non sono più solo umane”.
Indubbiamente nell’ultimo mezzo secolo le neuroscienze (in particolare gli studi sul cervello) hanno compiuto grandiosi progressi ma si sono resi necessari i contributi di pochi studiosi come Mainardi, con infinita passione per il mondo animale, perché l’attenzione dei ricercatori non si concentrasse solo sul cervello umano. E le sorprese per gli studiosi di zoologia sono davvero infinite…
Il primo volume (pubblicato nel 2006) nasce dalla collaborazione televisiva con Piero Angela ed è orientato verso una gradevole dimensione narrativa, in cui l’autore riporta aneddoti e prove sperimentali che possono riguardare bestiole domestiche ma anche pesci, uccelli, rettili e altre creature più o meno esotiche. Tutte dotate di un cervello che consente loro di affrontare la lotta per la sopravvivenza. E tuttavia si tratta di dotazioni molto diverse: alcune puramente istintive, altre capaci di elaborare attività ben più complesse. Non si può dire, ad esempio, che il moscone possegga una mente quando lo vediamo sbattere contro il vetro di una finestra senza capire (come fanno molti altri animali) che basta tornare indietro per trovare un’uscita. Le api, invece, sono capaci di realizzare vere e proprie mappe con tanto di percorsi alternativi per volare sui fiori e tornare all’alveare.
Esistono intelligenze più individuali e altre collettive, sapienze di specie e di singoli individui; esistono animali che sviluppano giochi di apprendimento e altri che si basano solo sugli istinti più primitivi, ricevuti geneticamente; animali che sognano e altri che dormono senza sognare; che sanno fare di conto e altri no.
È insomma il trionfo della biodiversità, che Mainardi affronta anche nel secondo volume (uscito nel 2009) con una più spiccata sistematicità, ma senza rinunciare a racconti davvero intriganti. Tra i segni indiscutibili dell’intelligenza animale, un ruolo importante va alla comunicazione che è più evoluta nelle specie sociali. Significative le scoperte fatte sugli elefanti che comunicano anche a grandi distanze, sia con l’emissione di ultrasuoni non percepibili dal nostro orecchio, sia battendo vigorosamente le zampe sul terreno. Ma anche gli scarafaggi sono animali sociali e hanno le loro incredibili forme di comunicazione. Ovviamente i fenomeni di “trasmissione di cultura” sono molto diversi tra loro e sempre orientati alla necessità di passare istruzioni utili alle nuove generazioni.
E naturalmente questi aspetti sono più diffusi tra le specie più evolute: grandi scimmie, elefanti, delfini, per non parlare dei nostri cari compagni di vita domestica (quelli a cui “manca la parola”). Alla fine, il desiderio fondamentale di Mainardi è far capire ai suoi lettori che non è più possibile avere una mentalità antropocentrica da colonizzatori del creato: “C’è tanta sapienza nascosta nella natura, tanta intelligenza. Noi però, con la nostra mente imbottita di pregiudizi, questa sapienza non la cogliamo, non l’apprezziamo”.


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